LO STATO BORGHESE E IL POTERE POLITICO
DEL CAPITALE INSISTONO PER APPROPRIARSI DELLA CASA
DEI LAVORATORI, CHE SONO STATI COSTRETTI AD ESSERE
ABUSIVI PER NECESSITA’!
di Domenico Savio*
Ritorno sull’argomento per dovere di
classe verso i tanti lavoratori che in questi giorni ci hanno avvicinato
sconcertati e tormentati dal nuovo tentativo del potere politico borghese
regionale di acquisire la loro casa, abusiva per necessità esistenziale, dopo
un periodo relativamente calmo sul fronte degli abbattimenti, circostanza che per
taluni lasciava sperare in una soluzione umana e civile del problema.
Prima di procedere vogliamo subito
chiarire un aspetto importante della questione. A coloro, asserviti alla
cultura, alla politica e all’ordinamento sociale capitalistico della società,
fondato sullo sfruttamento del lavoro proletario, che sostengono, per
giustificare le loro argomentazioni di cultura borghese e clericale, “ma
anziché acquisirla è meglio che la demoliscono la tua casa?”, noi rispondiamo con
forza che tale impostazione del problema costituisce un autentico ricatto, che
è della peggiore politica e cultura di stampo mafioso della società degli
affari delle lobby economiche nazionali e internazionali industriali, bancarie,
finanziarie, del trasferimento delle aziende all’estero, dove lo sfruttamento
del lavoro è più disumano, e della cosiddetta globalizzazione mercantile.
Un ricatto perché noi, rappresentanti
sinceri e onesti degli interessi della classe lavoratrice operaia e
intellettiva, affermiamo che in uno Stato civile e democratico la scelta non è
tra “acquisizione e abbattimento”, ma risiede nella soluzione politica,
parlamentare e governativa del dramma sociale esistente, non voluto ma subito
dagli abusivi di necessità. Il governo, il parlamento, la corte costituzionale
e quella di cassazione esistono non solo per beneficiare di stipendi e pensioni
d’oro, bensì per risolvere i problemi degli italiani, a partire da quelli della
classe sociale più povera dei lavoratori sfruttati sul lavoro.
Tali massime istituzioni della
Repubblica, considerato che lo Stato e il suo potere sono responsabili
costituzionalmente di non aver garantito un alloggio decente a tutti i nuclei
familiari del nostro paese, in modo particolare del mezzogiorno e delle isole,
trovino una soluzione politica e
legislativa del problema, cosa che in altre circostanze è stata fatta, tra
queste il primo e secondo condono e altre forme di soluzione di eclatanti
ingiustizie sociali, com’è quella dell’abbattimento delle case delle famiglie
lavoratrici. La dignità abitativa delle famiglie non può essere sacrificata da
questioni ambientali e paesaggistiche.
A fronte dell’articolo 2 della
Costituzione, che costò al popolo italiano sacrifici immani in privazioni e
perdita di vite umane, che proclama “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti
inviolabili dell’uomo…” e tra questi diritti c’è quello fondamentale di una
abitazione dignitosa, diritto che in circa 70 anni lo Stato non ha garantito a
tutti e attraverso le regioni e i comuni non ha neppure consentito a coloro che
ne avevano la possibilità economica di costruirsela nella legalità. Così nasce
l’abusivismo di necessità, non per colpa dell’abusivo, ma dello Stato e del
potere politico della potente classe padronale.
La tragedia delle Resa, che rode e
distrugge momento per momento il corpo e l’anima degli sventurati colpiti dalla
disumanità del potere e della giustizia borghesi, anticamera dell’abbattimento
giudiziario statale dell’abuso, colpisce e discrimina una parte minoritaria
degli abusivi, i più poveri, quelli che non avevano e non hanno santi in
paradiso che pregassero per loro, i discriminati, quelli che non contano e non
hanno la possibilità di far valere le loro ragioni di inferiori socialmente, ma
questa è la società capitalistica delle potenti sanguisughe dello sfruttamento
e della miseria altrui.
A fronte della suddetta tragedia, che il
potere politico e istituzionale si ostina a non voler superare con umanità e
civiltà politica e giuridica, ci sono i tantissimi abusi, piccoli e grandi, che
i comuni non hanno scoperto, che sono stati sanati dal primo e secondo condono,
che hanno ottenuto la prescrizione giudiziaria o che per qualsiasi altra
ragione si sono liberati dell’incubo abbattimento. Quanti abusi e quante
responsabilità penali non sono stati scoperti o si sono prescritti in questa
società dalle infinite ingiustizie sociali? Come sempre nella società della
dittatura del capitale, cioè di chi possiede soldi e potere, a essere colpiti e
massacrati sono stati e rimangono sempre i più deboli socialmente.
Hanno contribuito a creare questo dramma
sociale dell’abbattimento giudiziario delle case di necessità abitativa per sé
e i propri familiari ascendenti e discendenti i patteggiamenti giudiziari,
accettati in materia di abusivismo edilizio minore, dove i reati non sono di
natura efferata, patteggiamenti che hanno precluso la possibilità della prescrizione,
di cui, al contrario, hanno beneficiato tantissimi altri per le ataviche lentezze
della giustizia italiana, di cui la responsabilità è sempre del potere politico
borghese, che non dota la magistratura dei mezzi necessari per essere più
spedita nella definizione dei processi. Difatti sembrerebbe che la quasi
totalità delle Resa si riferiscano a sentenze di patteggiamento, le quali hanno
buttato nella disperazione tantissime famiglie lavoratrici.
In questi giorni apprendiamo dalla stampa,
che rende sempre un ottimo servizio di informazione ai lettori che apprendono
quanto avviene nelle segrete stanze del potere capitalistico nazionale e
regionale, che un fronte multicolore di consiglieri regionali, che coinvolge
quasi tutti i gruppi consiliari dal centrodestra al centrosinistra passando per
il centro e il gruppo misto, compreso il consigliere regionale Maria Grazia Di
Scala di Forza Italia di Barano, sta lavorando, avvalendosi della
collaborazione di professionisti di elevata conoscenza legislativa e giuridica
del problema, a un progetto di legge regionale che faciliti l’acquisizione comunale,
già prevista dall’articolo 31 del DPR 6 giugno 2001 n. 380, degli immobili
abusivi e la loro destinazione “a termine” a coloro che li hanno realizzati
abusivamente.
La proposta non chiarisce, forse per
opportunità politica e di potere, se le acquisizioni interesseranno solo gli
abusi oggetto di Resa, e dunque di attuale pericolo di abbattimento, o anche
quelli prescritti o non scoperti dai comuni, specialmente di quelli della
grande speculazione edilizia affaristica, che ha effettivamente distrutto parti
importanti del patrimonio naturale e ambientale isolano, compreso quelli di
godimento della borghesia benestante pubblica e privata, che ha realizzato i
suoi sogni nelle località più panoramiche e avvolte dal verde di promontori e colline
dei nostri comuni. Su questo tema i proletari, gli sfruttati, i meno istruiti
dallo Stato borghese, ma non meno intelligenti, seguiranno attentamente questa
vicenda per non essere fregati ancora una volta e chissà che non riusciranno ad
avere finalmente giustizia.
Detta proposta di legge regionale
servirebbe ai comuni solo per prendersi la casa, che sarebbe un autentico furto
di Stato e di potere padronale, per spogliare decine di migliaia di famiglie
lavoratrici della regione Campania di un proprio bene, realizzato con
inenarrabili sacrifici e privazioni di vita. Difatti il provvedimento proposto
per sommi capi prevede: l’acquisizione del bene, con l’area circostante sino a
10 volte la superficie utile del fabbricato, al patrimonio comunale e la sua
trascrizione nel registro immobiliare; il cittadino espropriato beneficerebbe del
diritto di abitazione “a termine”, cioè solo “vita natural durante”, ovvero né
la casa né il diritto di abitazione passerebbero agli aventi causa, o meglio ai
figli e parenti ascendenti e discendenti, cosicché dopo la morte dell’acquisito
la casa verrebbe abbattuta o data in fitto ad altro cittadino bisognoso di
abitazione mediante bando pubblico; l’abusivo per beneficiare del diritto di
abitazione dovrebbe pagare un fitto e non possedere altro alloggio.
Tutto questo mentre la grande
speculazione edilizia affaristica e commerciale festeggia con prescrizioni e
mancati abbattimenti per condoni od altro. Avete mai visto una grande
speculazione alberghiera, termale o palazzinara essere abbattuta? Mai, mica
stiamo parlando di poveri lavoratori sfruttati e schiavizzati da un padrone
qualsiasi! Con dignità verrebbe da dire: abbattetela, piuttosto che “rubarvela”, perché essa ancora sanguina dei
sacrifici fatti! Chi dice che il problema non può essere risolto diversamente,
a causa della legislazione vigente, delle sentenze della corte costituzionale e
di quella di cassazione e dell’ostacolo insormontabile delle Soprintendenze,
dice una conveniente e opportunistica bugia, perché nessuno può proibire al
parlamento di approvare una leggina che regolarizzi l’abusivismo minore e
abitativo anche nelle aree sottoposte a vincolo paesaggistico, così come ha
fatto per il primo e secondo condono.
Quando i detentori del potere borghese a
tutti i livelli istituzionali, sostenuti da solidali di regime, affermano - in
riferimento all’abusivismo di necessità abitativa, che costituisce un bisogno
sociale primario e che da circa 70 anni lo Stato capitalistico non ha voluto
soddisfare con la realizzazione dei piani di edilizia economica e popolare -
che “di sanatorie non se ne parla più” dimostrano solo egoismo e disprezzo per
le necessità dei cittadini che li hanno votato e gli pagano stipendi e pensioni
d’oro. Vergogna! Care famiglie lavoratrici “abusive”, tra virgolette perché ad
essere veramente abusivi non siete voi, bensì lo Stato e il potere politico inadempienti
nel garantirvi il diritto costituzionale ad una abitazione dignitosa, l’unica
possibilità che abbiamo è quella di non lasciarci convincere dagli interessi
politici e partitici e dalle tesi legislative e giuridiche dei sostenitori dell’infame
sistema sociale borghese, ma di continuare a credere nella possibilità reale di
regolarizzare con legge del parlamento il nostro diritto alla casa. Riprendiamo
a organizzarci e a lottare per il godimento di un diritto innegabile, la
propria casa. Continuate a contattarci e a seguirci politicamente e
socialmente.
Forio, 13 febbraio 2017.
* Segretario generale e
Consigliere comunale di Forio del PCI m-l.
IL PCI-ML SI PREPARA A FESTEGGIARE IL
77° COMPLEANNO DEL SUO FONDATORE E SEGRETARIO GENERALE COMPAGNO
DOMENICO SAVIO
Come sempre avviene da
anni la cerimonia semplice - ma pregna di significato beneaugurante per molti e
molti anni ancora, affettivo, fraterno, ideologico marxista-leninista, di
classe e rivoluzionario per la prospettiva della rivoluzione proletaria, del
socialismo e del comunismo – si svolgerà giovedì 16 febbraio 2017 alle ore
18,00 nella sede nazionale del Partito a Forio, nell’isola d’Ischia, all’ombra
dello sventolio dell’eroica bandiera rossa, che porta impressi i simboli
gloriosi della Falce, del Martello e della Stella, emblemi inconfondibili della
lotta di classe del proletariato di tutti i paesi della Terra per riscattarsi
dal millenario sfruttamento e schiavitù padronale e costruire la propria nuova
società comunista degli uomini e delle donne tutti liberi, uguali socialmente e
protagonisti della loro esistenza, da vivere, finalmente, con dignità, senza
affanni e privazioni.
Chi definisce questa nostra
naturale ambizione “utopia” rispondiamo senza ombra di dubbio che con la Rivoluzione
Proletaria Socialista d’Ottobre del 1917 – di cui quest’anno ricorre
il 100° anniversario e che il PCI m-l festeggerà anche in proprio, assieme allo
svolgimento del suo 4° Congresso nazionale all’inizio del mese di novembre
prossimo –, diretta dai compagni Lenin e Stalin, i coerenti marxisti-leninisti
e rivoluzionari, guidati dai principi del marxismo-leninismo e dal pensiero e
l’opera immortali dei Maestri del proletariato internazionale Marx, Engels,
Lenin e Stalin, hanno già storicamente dimostrato che con l’organizzazione e la Rivoluzione socialista
proletaria la classe lavoratrice operaia e intellettiva, emancipata nella
difesa dei propri interessi di classe e forgiata dai principi del
marxismo-leninismo, può conquistare il potere, anche in questo momento,
costruire il socialismo ed edificare la società comunista.
Il compagno Domenico Savio, fondatore e guida
autorevole e sicura del Partito Comunista Italiano m-l, nacque il 16 febbraio
1940 nel quartiere proletario di Monterone a Forio, provincia di Napoli. A 12
anni abbandonò la religione cattolica, alla quale nell’incoscienza infantile
era stato avvicinato dalla tradizione oscurantista della società capitalistica
e clericale, e fece proprie le ragioni scientifiche e materialistiche
dell’ateismo. Dal 1953 al 1958 militò, prima come semplice iscritto e poi come
dirigente, nella Federazione Giovanile Comunista Italiana (FGCI) svolgendo
lavoro di proselitismo giovanile nell’isola d’Ischia e nei quartieri proletari
della città di Napoli. Dal 1958 al 1976 fu iscritto al Partito Comunista
Italiano (PCI), dove fu militante attivo, componente del comitato federale di
Napoli, più volte candidato alle elezioni comunali - due volte eletto nel 1971 e 1980 a Forio - e
provinciali.
Dal 1971 al 1980 svolse anche intensa
attività sindacale, come militante e dirigente, nella “Federazione italiana
lavoratori commercio alberghi mensa e servizi” (F.I.L.C.A.M.S.), aderente alla
“Confederazione generale italiana del lavoro” (CGIL), nel settore alberghiero,
in modo particolare nelle catene alberghiere di Rizzoli a Lacco Ameno e della
Jolly Hotel di Marzotto, organizzando assemblee di protesta e scioperi
imponenti, sino al 95% di adesione dei lavoratori, per il miglioramento
salariale e delle condizioni di lavoro degli stessi. Il 6 febbraio 1980 per la
sua attività di dirigente sindacale aziendale e di componente del coordinamento
sindacale degli alberghi Jolly Hotel in Italia fu licenziato dal Jolly Hotel di
Ischia, assieme a tutta la rappresentanza sindacale aziendale, dove dal 1967
svolgeva il lavoro di segretario.
Massiccia fu la solidarietà dei lavoratori
alla repressione antisindacale dell’azienda, ma, purtroppo, non bastò per il
reintegro nel posto di lavoro dei licenziati, perché questi furono licenziati
da padrone e abbandonati dal sindacato, oramai sulla strada scellerata della
concertazione e del compromesso col potere economico e politico, dove la difesa
di classe degli sfruttati è stata tradita e rinnegata.
Nel 1976 con ritardo, sostiene autocriticamente
Domenico Savio, abbandonò il PCI, allora guidato dal revisionista e
opportunista, traditore e rinnegatore della causa comunista Enrico Berlingue, così
come in misura progressiva lo erano stato i suoi predecessori, a partire da
Palmiro Togliatti, e lo furono i suoi successori, sempre più accanitamente e
odiosamente anticomunisti, sino alla deriva di centrodestra dei giorni nostri,
partito che oramai sin d’allora era irrimediabilmente avviato sulla strada
della trasformazione borghese, clericale, capitalistica e anticomunista.
Sin dall’iscrizione al PCI e
successivamente con altri compagni condusse una dura battaglia contro l’imborghesimento
sempre più massiccio del partito, con l’entrata nelle sue fila di forze intellettuali,
professionali e imprenditoriali di formazione culturale e politica borghese,
che con spregiudicatezza si impadronivano della guida del partito a tutti i livelli
dell’organizzazione mettendo in minoranza e allontanando la classe operaia. Una
vergogna che solo la cultura borghese e clericale poteva ispirare e affermare. Dal
1976 al 1998 lavorò, con varie iniziative nazionali, all’unità dei
marxisti-leninisti italiani, ma senza risultato, a causa di una certa
confusione ideologica, strategica e tattica esistente nella lotta per il socialismo,
confusione che in larga parte e sciaguratamente ancora esiste. In quel periodo,
conseguita l’iscrizione all’ordine nazionale dei giornalisti per poter
pubblicare la stampa marxista-leninista e rivoluzionaria e dopo aver
collaborato anche con l’Unità all’inizio degli anni ’70, fondò, a partire dal
1984, il mensile “L’Uguaglianza economica e sociale” a diffusione nazionale e il
periodico “Comunismo”, a partire dal 1995.
Il 3 dicembre 1999, fallito quel primo
tentativo ventennale di unire i marxisti-leninisti italiani in un unico partito
di classe e rivoluzionario sulla base dei principi del marxismo-leninismo e
dell’esperienza bolscevica, fondò, assieme ad altri compagni di provata fede
marxista-leninista e di formazione bolscevica, il glorioso e amato Partito
Comunista Italiano Marxista-Leninista (PCI-ML), che lo ha eletto
ininterrottamente come suo Segretario generale e guida indiscussa sulla strada
che conduce inevitabilmente alla Rivoluzione Proletaria Socialista, alla
costruzione del socialismo e all’edificazione del comunismo nel nostro paese.
Nel 2013 Domenico Savio viene rieletto
consigliere comunale di Forio sotto i simboli rivoluzionari del PCI m-l portando la lotta di
classe nelle istituzioni borghesi del comune e battendosi pure da quella
posizione per l’emancipazione di classe del proletariato, per il miglioramento
delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale della classe
lavoratrice operaia e intellettiva e per avvicinare la prospettiva della
rivoluzione proletaria e del socialismo. Epiche sono le sue battaglie
consiliari contro gli affari pubblici della classe borghese che danneggiano gli
interessi delle masse lavoratrici e popolari.
Oggi doverosamente ricordiamo, con
orgoglio e riconoscenza affettiva e di classe, i suoi 77 anni di fede
comunista, di impegno di lotta proletaria - anche dura e fatta di vittorie e di
sconfitte amare lungo l’arduo cammino per il socialismo e per liberare
l’umanità lavoratrice dalle catene dello sfruttamento e della repressione
padronale -, di sacrifici di vita per adempiere alla propria doverosa missione
di combattente per l’emancipazione sociale della propria classe proletaria del
braccio e dell’intelletto, di abnegazione totale verso la causa suprema di
umanizzazione e redenzione della società umana. 77 anni in cui ha dovuto subire
minacce di ogni genere, offese, calunnie, ricatti rispediti prontamente e
puntualmente al mittente, minacce vili e indegne del genere umano persino nei
confronti del suo nipotino Domenico di 4 anni, col messaggio funesto scritto “lo
sgozzeremo, sappiamo la scuola che frequenta”, e ancora minacce di morte e di
annientamento della propria vita con l’affissione di manifesti di lutto che lo
annunciavano morto.
La dannata razza padrona e il suo potere
politico ed economico quando vedono in pericolo i loro loschi affari di
sfruttamento e di riduzione in schiavitù dei lavoratori sono capaci di tutto,
della barbarie più efferata, e tale scellerata evenienza deve essere tenuta
sempre presente e considerata possibile dal proletariato in lotta allo scopo di
poterla prevenire e neutralizzare con la necessaria forza e risposta rivoluzionaria,
che ci derivano dall’essere allievi e seguaci dei nostri Maestri Marx, Engels,
Lenin e Stalin.
Per tale entusiasta avvenimento il
Comitato Centrale del Partito Comunista Italiano m-l, a nome di tutto il
Partito e dei singoli iscritti e simpatizzanti, tributa al suo Segretario
generale compagno Domenico Savio il massimo riconoscimento possibile per
l’attività svolta al servizio della causa comunista a livello nazionale e pure
internazionale, per la sua partecipazione nel tempo a vari incontri politici all’estero,
ed auspica vivamente di poterlo avere come guida e maestro per un tempo ancora
lunghissimo. Auguri fraterni e comunisti di buon compleanno compagno Domenico
auspicando, nel contempo, con sincerità e affetto, nell’interesse del Partito e
dell’obiettivo storico che dobbiamo raggiungere e per cui combattiamo, che tu
possa vivere e godere ancora tantissimi di questi giorni.
Alle ore 18,00 del 16 febbraio prossimo
tutti i compagni e i lavoratori del braccio e della mente che lo desiderano
possono partecipare all’incontro per formulare gli auguri di buon compleanno al
compagno Domenico Savio, nostro Segretario generale.
Forio (Napoli), 6 febbraio 2017.
Il Comitato
Centrale del P.C.I. m-l
Telefono 081.5071111,
335.6063055, 339.5683542=
Fax o81.5071170=